dimanche 19 juin 2011

Referendum del 12 e 13 giugno: hanno vinto democrazia partecipativa e difesa dei beni comuni


“Abbiamo vinto!” Questa frase la si sente forse troppo spesso, a volte in modo errato perché in realtà non si è vinto un gran che, o perché a pronunciare queste parole, c'è chi è salito sul carro dei vincitori all'ultima ora, chi si attribuisce delle vittorie.



Dopo qualsiasi votazione, la stampa si interessa di due cose in particolare: chi ha vinto e chi ha perso. Quella stessa stampa, quelli stessi media che ci hanno oscurato durante la raccolta firma e ancora di più durante la campagna referendaria, oggi corrono verso i soliti politici di turno per sentire commenti. Ma la chiave di lettura non ce l'hanno, o piuttosto non la vogliono usare nemmeno ora, perché certe porte non conviene aprirle, certi meccanismi non conviene sconvolgerli.



Tra i perdenti ci sono anche i mass-media; è questa la prima grande svolta!

Allora qualcuno cerca di spiegarselo, in televisione si dibatte sulla questione, e c'è chi ha già pronta la risposta, o almeno crede di averla: “è un risultato politico generato da internet e da facebook!”

Conviene tornare indietro di qualche decina di anni per capire quali meccanismi abbiamo sconvolto.



All'inizio degli anni settanta, Licio Gelli fondava la Loggia P2, il cui programma prevedeva di “appropriarsi dei mezzi di comunicazione per cambiare la società italiana e prendere il potere.”

Ad applicare il tutto ci ha pensato colui che qualcuno chiama Cavaliere. Nel 1994, dopo 15 anni che hanno cambiato la televisione italiana e fatto della società italiana una società più individualista, dopo aver distrutto i partiti di massa, l'uomo della televisione diventava Presidente del Consiglio.

Da allora, la politica si è fatta soprattutto sul piccolo schermo; finito il tempo dei piccoli circoli, delle piccole sezioni di partito: anche i partiti della sinistra italiana, o di quella che ne è rimasta, si sono adeguati.



Ecco perché con l'esito referendario, si può parlare di grande svolta. Abbiamo vinto i referendum senza la televisione. Abbiamo portato 27 milioni di italiani alle urne facendo politica dalle strade.

Il 19 luglio del 2010, consegnavamo 1 400 000 firme per proporre i referendum per l'acqua pubblica, entravamo nella storia con un numero di firme mai raccolto prima.

A parte il Manifesto che ci ha sostenuto sin dall'inizio, nessuno ha preso in considerazione questo dato importante.



A gennaio, ci siamo preparati su ogni territorio per la campagna referendaria, come durante la raccolta firma; è facendo banchetti informativi, partecipando a feste, manifestazioni, essendo presenti nelle piazze, nei mercati, parlando con la gente dei quartieri popolari che abbiamo fatto questa campagna.

Inizio marzo, il governo sceglieva di spendere 400 milioni di euro per farci votare i 12 e 13 giugno, anziché accorpare i referendum col voto delle amministrative. Si puntava sul non raggiungimento del quorum, perché cercare di difendere le ragioni del no all'acqua pubblica era per loro impensabile, troppo rischioso.

In coerenza con tutto questo, perfino la Rai ha svolto un ruolo importante nel non informare i cittadini. Tranne su RaiNews24, su nessun canale si è parlato dei referendum; tranne quando ci sono state le manovre del governo per cercare di far saltare i quesiti sul nucleare e sull'acqua.

Solo che sul nucleare, la Corte Costituzionale ha deciso che rimandare la questione non bastasse, mentre sull'acqua, è stata la Confindustria a rifiutare qualsiasi modifica del decreto Ronchi che voleva regalare la gestione tutti i servizi pubblici locali ai privati.



Negli ultimi giorni prima del voto, su tutte le piazze italiane, è successo l'impossibile, a fare la campagna non erano più i soliti comitati e le solite associazioni che componevano il comitato referendario. Tanti cittadini si sono organizzati con propri mezzi, volantinando, parlando con la gente, facendo eventi vari, consapevoli che questa battaglia fosse di tutti.

Finalmente è giunta la domenica del voto: nei seggi si vedeva gente andare a votare col sorriso, gente di tutti i ceti sociali, uomini e donne di tutte le età felici di poter esprimersi sulla gestione dei beni comuni, sulla questione nucleare e sulla giustizia.



In Italia c'è sete di democrazia partecipativa! Questo è la conclusione alla quale non sono arrivati i grandi media, questo è il dato di fatto che i partiti rifiutano di prendere in considerazione.

Il 12 e 13 giugno, non è stata la sconfitta di Berlusconi, ma quella di 30 anni di politiche neo-liberiste, delle multinazionali, delle grandi lobby; non è stata la vittoria dei Bersani e Rutelli che sono coloro che hanno svenduto i servizi pubblici locali facendo SPA in tutt'Italia, ma è stata la vittoria della gente comune!



Con questi referendum, gli italiani si sono espressi contro la privatizzazione dell'acqua e le logiche di mercato, contro i profitti su un bene che è di tutti. La gente ha detto “basta” ad una mercificazione senza freni di ciò che è di tutti!

Non è un caso se anche in una giornata di sole, anziché godersi la domenica e il sole di giugno, la gente ha preferito andare a votare. Questo referendum proposto dai cittadini non poteva che ottenere questa grande risposta dei cittadini.



Pierluigi Bersani dice che ha capito, dice che è pronto a governare subito... e dimostra così di non aver capito niente.



In Italia, è cambiato qualcosa, i cittadini italiani hanno sete di politica e di partecipazione. Gli occhi della stampa mondiale sono puntati sull'Italia. Solo in sud America, in Bolivia o in Uruguay, il popolo si era espresso fortemente per difendere l'acqua.



Questo grande movimento, forte di questa vittoria deve continuare a cambiare la politica italiana. Non contiamo su chi cerca di interpretare il voto referendaria e non saputo farlo, la pagina più bella della Storia italiana degli ultimi trent'anni, l'abbiamo scritta noi.



Vogliamo la pubblicizzazione del servizio idrico integrato in tutte le città d'Italia, e sin dal mese prossimo, niente più profitti sul acqua bene comune. La legge che garantiva il minimo del 7% per la remunerazione del capitale investito è stata abrogata dal voto del popolo sovrano.



Raphael Pepe

Attac Italia – Comitato Referendario 2 SI per l'Acqua Bene Comune

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