In Europa, qualche anno fa, sono stati cambiati i sistemi universitari al livello organizzativo per uniformarli, per creare delle lauree, non più nazionale, ma europee.
La ragione di questo é semplice, la possiamo spiegare tramite la seguente storiella:
Nel 2003, i grandi imprenditori europei che credono fortemente nei bei progetti dell’Unione si riunirono per porre un semplice problema alla commissione di Bruxelles, lo espressero cosi:
“Carissima Unione Europea,
Noi, imprenditori d’Europa, crediamo molto nel progetto di unificazione e liberalizzazione dell’ economia dei nostri paesi. Abbiamo sempre fatto si che il progetto dell’ Unione, basato su principi di libertà possa andare avanti.
Ma oggi, si pone davanti a noi un problema: le frontiere sono aperte, i cittadini europei possono circolare liberamente nei paesi membri; ma la libera circolazione dei cittadini comunitari significa anche la libera circolazione dei lavoratori europei! Come possiamo valutare, noi imprenditori, le qualità dei laureati dei vari paesi dell’ Unione se hanno tutti criteri di valutazione diversi dovuti a sistemi diversi?”
L’Unione, cosciente del problema rispose cosi:
“Cari amici,
Abbiamo sempre fatto il massimo per accontentarvi e semplificare il vostro lavoro nel rispetto dei valori del libero scambio, e nell’ interesse della libertà economica. E da adesso, ci mettiamo a lavorare per risolvere il problema.
Non vi preoccupare, ce la vediamo noi!”
Qualche settimana dopo, si riunisce a Bruxelles la commissione europea con un bel progetto già studiato e preparato. Il presidente annuncia allora ai membri del parlamento, che in seguito voteranno in maggioranza in favore al progetto:
“Cari colleghi,
Ci é stato sottolineato un problema importante da parte dei grandi industriali d’Europa. Oggi, nel 2003, 50 anni dopo il trattato di Roma, 11 anni dopo quello di Maastricht, non si possono valutare le qualificazioni dei laureati europei perché non abbiamo un sistema universitario comune. Abbiamo quindi, già pensato ad un progetto di riforme per risolvere il problema.
Le Università di ogni paese dovranno riorganizzare i loro sistemi per creare delle lauree europee, una triennale seguita da una biennale, essa seguita da un’ altra triennale che sarebbe il dottorato.
Per un’equivalenza, abbiamo pensato a dare un valore a queste lauree. Ogni anno accademico dovrà avere degli esami espressi in crediti, 60 all'anno. Cosi una triennale europea corrisponderà a 180 crediti, e seguita dalla biennale di 120 crediti, si arriverà ad un totale di 300.
Ogni paese dovrà applicare questo nuovo sistema dal Settembre 2004. Non c'è tempo da perdere. Ognuno vedi come organizzarsi!”
In fondo all’ aula, una piccola voce si fa allora sentire:
“Ma come é possibile applicare una tale riforma in meno di un anno? I ministeri dell’ istruzione impazziranno, ci saranno rivoluzioni studentesche. Ogni paese avrà problemi e difficoltà a cambiare in cosi poco tempo! E cosi, i sistemi di finanziamento, i programmi, la didattica di ogni paese resteranno comunque diversi, e la formazione sarà comunque disuguale!”
Il presidente cerco’ allora di chiarire subito la situazione:
“Ma questi problemi non sono nostri, noi siamo l’UE, e dobbiamo rispondere al più presto alle aspettative di quelli che sono la nostra ragione di essere: “le aziende e i grandi imprenditori”.
Basta che siano accontentati, il resto non ci interessa. Per quello che riguarda l’applicazione rapida della riforma di ogni paese, non c'è da preoccuparsi:
in due anni, hanno rivoluzionato i loro sistemi monetari e applicato la circolazione dell’euro, una piccola riforma come questa sarà una passeggiata”.
Nel settembre del 2004, era cosa fatta. L’anno accademico incominciava con le nuove lauree europee. Per arrivarci, in Italia sarà stata divisa in due quello che era la laurea quinquennale; in Francia, dove il sistema comportava già vari livelli (2+1+1+1), sono state cancellate due lauree intermedie.
Cosi, gli studenti del vecchio continente potranno essere valutati sugli stessi caratteri. Sarà titolare di una laurea triennale colui che avrà ottenuto 180 crediti, 300 per una quinquennale (3+2).
Poco importa quanto avrà studiato, quanto saranno costati gli studi e quanto tempo avrà messo uno studente per laurearsi nel suo paese.
In Europa, per arrivare ai famosi 300 crediti, cioè per ottenere una laurea triennale e una specialistica (3+2), si studia in media fino ai 25 anni; in Italia, fino ai 27 anni.
Poi, chi ha mai valutato le spese di uno studente per arrivare a tale scopo?
Basta pensare, ad esempio, che con un reddito annuale di 25 000€ in una famiglia di 4 persone, uno studente , in Italia, spenderà ogni anno più di 600€ di tasse universitarie (senza prendere in considerazione le varie spese per libri, ecc...). Con lo stesso reddito, questo studente, in Francia, avrebbe lo statuto di borsista e pagherebbe di conseguenza una somma simbolica sui 30€ per le tasse universitarie. In Svezia, invece, qualsiasi reddito abbia la sua famiglia, lo studente non paga nessuna tassa, perché l’educazione é gratuita.
Per quello che riguarda quanto avrà studiato uno studente per laurearsi, non é nemmeno valutabile.
Ma tutto questo, per gli imprenditori europei, non é un problema.
Ogni paese é quindi libero di determinare quale percentuale del suo PIL dedicare all’ educazione, un’ po’ più del 7% in Danimarca, contro il 4% in Italia.
Ogni paese é libero di determinare quante tasse uno studente dovrà pagare per avere il diritto di studiare, a seconda di fasce di reddito anche determinate da esso.
Cosi, il diritto allo studio non é nemmeno garantito in maniera uguale nei paesi dell’ Unione.
Ogni paese é anche libero di organizzare la ripartizione dei crediti a piacere suo, anche se l’UE ha stabilito che 1 CFU = 25 ore di corsi, non si verifica in tutti i paesi, e non viene stabilito quanti libri devono essere studiati per un esame.
Ogni paese é libero di imporre delle barriere all’ ingresso delle università. Fortunatamente, l’Italia non fa parte dei paesi in cui questa pratica é molto frequente. La Grecia, invece, impone addirittura dei limiti a livello nazionale.
Ogni paese é poi, ovviamente, libero di scegliere di fare o no una politica sociale per l’educazione (cosa assolutamente non prevista dall’Unione). In Svezia e in Francia, delle borse universitarie sono attribuite solo in base al reddito e già dal primo anno universitario.
All’ università é anche legato il tema della ricerca. é l’Europa mediterranea che spende di meno per essa, rispetto agli altri paesi. Ma Spagna, Portogallo e Italia sono i paesi in cui la ricerca si fa di più a livello universitario: una bella cosa per il ruolo degli studenti nella ricerca nazionale. Ma la ragione di questo é altra: fare fare la ricerca principalmente nelle università costa di meno.
Il problema della ricerca tocca anche paesi come la Francia, che vede molti dei suoi giovani ricercatori scegliere di partire per gli Stati Uniti dove hanno più infrastrutture per lavorare.
L’università é organizzata in un certo modo. Ma chi ha detto che dovesse essere per forza cosi, e che questo sistema fosse buono?
L’università si puo' cambiare. Si possono applicare modi di organizzazione diversi che in altri paesi funzionano bene, e cercare di fare si che in Italia, in Europa, lo studio sia veramente considerato un diritto uguale per tutti.
lundi 17 septembre 2007
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1 commentaire:
Parole sante!
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